“Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti

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“Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti, pubblicato da Longanesi, è il primo thriller di questa autrice, ed è un esordio folgorante.

Non per nulla Longanesi da anni trova e valorizzare esordienti che poi dimostreranno un grande talento: Donato Carrisi e Mirko Zilahy, giusto per fare due nomi.
Quando si parla di un thriller il primo rischio è dire troppo e in qualche modo rovinare la suspance al lettore: per questo scrivendone mi manterrò in maniera estremamente rigorosa solamente su quello che si può trovare sulla seconda e sulla quarta di copertina.
La protagonista di “Fiori sopra l’inferno” è il commissario Teresa Battaglia: non è una giovane nerd geniale come Lisbeth Salander, non è l’orfana di un un commissario ucciso che quindi vuole farsi giustizia, non è una bellissima donna che vuole spuntare in un ambiente principalmente maschile. No, qui, la protagonista è una signora sgraziata di mezz’età, non particolarmente simpatica, anzi: io l’ho trovata talvolta sgradevole, irritante, spiacevole, sposando in pieno il punto di vista del suo giovane e stretto collaboratore.

In questo, per età, per modi, per atteggiamenti è secondo me un unicum tra i thriller italiani.

Se è così, è anche perchè nasconde tre segreti: di uno si intuiscono i bordi, gli altri due vengono svelati durante il thriller. Uno, in particolare, è estremamente potente, ed è un qualcosa che non ci si aspetta di trovare in un thriller. Anche in questo Ilaria Tuti stupisce, andando oltre i topoi del genere letterario.
E dove c’è un thriller ci sono dei morti e c’è un assassino, un mostro: senza svelare nulla, si può dire che la natura ed i motivi dietro la morte che questi porta con sè affondano nel passato, recente e meno recente. Sul copevole ho sospeso il giudizio: Ilaria Tuti, descrivendolo nelle sue abitudini e nella sua psicologia, empatizza molto, a buona ragione secondo me.
Non è certo il primo thriller dove l’assassino porta con sè storie che ci spingono se non a parteggiare, almeno a provare empatia. In “Fiori sopra l’inferno” però viene quasi da pensare che ci si trovi davanti ad una tragedia greca dove i protagonisti sono, ognuno in una certa maniera, colpevoli di qualcosa: omicidio, menzogna, hubrys, vigliaccheria. Forse gli unici innocenti sono alcuni bambini, tra gli 8 e i 10 anni circa, che hanno quasi la funzione di coro, commentando, raccontando e svelando alcuni segreti delle valli dove si svolge il dramma.

L’ambientazione è il motivo per cui mi sono interessato a “Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti: normalmente non sono un lettore di di thriller. Ma amo la montagna.
Non siamo in una grande città, ma in provincia: non la solita provincia sonnacchiosa italiana, i paesini arroccati sulle Alpi, a cavallo tra l’Austria ed il Friuli. Ambientazione che l’autrice conosce bene, poichè è di Gemona del Friuli. La vicenda si svolge tra i boschi ed i monti, in un mondo alpino ricco di bellezza, di silenzio, di poesia ma anche di mistero, un luogo che può nascondere le cose più spaventose. Noi italiani lo abbiamo capito già venticinque anni fa quando scoprimmo Twin Peaks, e per certe cose “Fiori sopra l’inferno” lo ricorda: non c’è la Signora Ceppo e non ci sono nani che ballano, ma l’inquietudine, i misteri, l’orrore quotidiano appena sotto la superficie delle cose è il medesimo.
Concludo con tre motivi per leggere “Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti, pubblicato da Longanesi: il protagonista è una donna antipatica come ancora non se ne sono viste in questo tipo di narrativa italiana; l’ambientazione è bellissima, poetica e coinvolgente; il “mostro”, quando capirete cos’è e com’è, vi porrà una serie di dubbi etici, perchè si trova oltre la linea netta che c’è tra innocenza e colpevolezza.

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