“L’invenzione di Morel” di Adolfo Bioy Casares

L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares è un racconto lungo argentino del 1940, che contiene in sé Lost ed Il prigioniero, praticamente il meglio della produzione televisione degli ultimi 50 anni.
Adolfo Bioy Casares era uno scrittore molto amico di Jorge Luis Borges e, come lui, si muoveva all’interno di una narrativa estremamente colta di tipo fantastico. Parlarvi di questo racconto è difficile, si rischia facilmente lo spoiler, quindi cito direttamente quello che scrisse lo stesso Borges nella introduzione:

il timore di incorrere in premature o parziali rivelazioni mi proibisce l’esame dell’intreccio e delle molte delicate accortezze della sua eseguzione.

Avendovi però io già citato Lost vi posso anticipare che L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares è una storia ambientata in un’isola misteriosa, dove un uomo si aggira da solo; fino a quando in questa isola apparentemente deserta non arrivano “gli altri”. A qusto punto iniziano ad apparire una serie di misteri, una serie di incongruenze o, come scrive Borges,

un’odissea di prodigi che non sembrano a mettere altra chiave che l’allucinazione o il simbolo, e pienamente [Bioy Casares] li cifre mediante un simbolo postulato fantastico ma non soprannaturale

In pratica abbiamo uno scrittore argentino che dice: il fumo nero e quelle robe senza nè capo nè coda lasciamole a J.J. Abrams che non sa come concludere la settima stagione; Adolfo è molto più serio.
E naturalmente è vero.

È un racconto estremamente rigoroso, un po’ alienato, perché noi leggiamo le memorie di un uomo che si trova in un’isola deserta e vede cose che non ci dovrebbero essere. Davanti alla serie di cose strane che accadono, il protagonista non riesce a dare una spiegazione, nonostante proceda per ipotesi razionali, che va mano a mano scartando. 
L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares si conclude con la rivelazione: una spiegazione razionale seppure fantastica che va a chiudere (molto meglio del fumo nero, degli orsi bianchi, delle botole…) tutti i misteri davanti cui il protagonista si è trovato.
Personalmente, oltre a vicinanze e parallelismi con certi racconti di Borges, io ne L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares trovo una anticipazione di temi e modi che saranno poi sviluppati da Dino Buzzati nei suoi racconti. Ci troviamo davanti ad una realtà perfettamente reale, solo lievemente “altra”, per così dire, rispetto alla nostra quotidianità.
Leggere, o meglio, vivere insieme al protagonista in quest’isola è come vivere in un incubo: anche se ti sembra perfettamente reale quello che hai davanti, sai intimamente che è una allucinazione, senti che ci sono cose che non posso essere come ti appaiono. Allora ti aggiri sperduto, proprio come il protagonista, su quest’isola cercando di fuggire, naturalmente invano.

Un pensiero su ““L’invenzione di Morel” di Adolfo Bioy Casares

  1. Mi avete fatto venir voglia di rileggerlo, l’ho fatto nel 70’ in una vecchia edizione per me bellissima diBompiani,.Mi ricordo ancora che non capivo niente all’inizio, stava tra fantascienza e suspense, mi aveva attanagliato la gola, penso di averlo letto in un giorno, beh è cortissimo, ma intensissimo. Mi piace che l’abbiate paragonato a Buzzati mio amatissimo scrittore. Grazie

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