Pubblicando Tokyo Express di Matsumoto Seicho, Adelphi compie un’opera meritoria.
Si tratta di un autore giapponese ben poco noto al pubblico italiano. Nato nel 1909 e morto nel 1992, viene considerato il Simenon giapponese: benchè queste definizioni lascino sempre un po’ il tempo che trovano, vi posso dire che leggendolo può sembrare di trovarsi davanti a una storia in cui il tenente Colombo incontra il maresciallo dei carabinieri de I racconti del maresciallo di Mario Soldati e ambedue indagano a gennaio, a Rimini o nella periferia svedese.
Questo perché Tokyo Express di Matsumoto Seicho è un giallo che, pubblicato nel 1958 in Giappone a puntate su un quotidiano, ha un ritmo placido e lento, forse un po’ vintage al nostro gusto contemporaneo, con improvvise aperture verso un gusto petico della descrizione.
Valga il momento in cui viene scoperto il delitto.
Se da lì ci si incammina in direzione delle montagne, si giunge ad un promontorio affacciato sulla baia di Hakata, nei pressi di un vecchio santuario Kanpei.
Davanti al promontorio si estendeva un cordone sabbioso che chiamano Umi no Nakamichi, il sentiero del mare, in fondo al quale il profilo montuoso di Shika affiora dalle acque, mentre a sinistra, oltre la foschia, si gode della splendida vista dell’isola di Noko.
Questo promontorio si chiama Kashiigata, l’antica cala di Kashii, su cui Otomo no Tabito, governatore di Dazai, scrisse i celebri versi: Andate giovani / alla cala di Kashii / bagnate le maniche delle candide vesti / per cogliere le alghe da mangiare al mattino.
Ma l’arida realtà del presente non rifletteva in alcun modo i sentimenti di quei nobili tempi. Alle sei e mezza di un gelido mattino, il ventuno di gennaio, un operaio attraversò la spiaggia. non stava andando a cogliere le alghe da mangiare bensì a lavorare, in una fabbrica di Najima.
Si era appena fatto giorno. Il mare era avvolto in una foschia lattiginosa. Shikanoshima, l’isola dei cervi, si vedeva appena, così come il sentiero del mare. Tirava una brezza fredda e salmastra. […] Ma qualcosa di totalmente inatteso attirò il suo sguardo, sempre rivolto al suolo. Due corpi adagiati su una lastra di roccia scura stonavano incredibilmente con quel paesaggio a lui così familiare.
Oggi ad esempio, almeno dalla comparsa di Kay Scarpetta di Patricia Cornwell prima e di C.S.I. poi, ci siamo a figure di anatomopatologi rilevanti, e lunghe scene per descrivere le autopsie, che invece in Tokyo Express di Matsumoto Seicho viene risolta in poche righe.
Come abbiamo letto, un uomo e una donna vengono trovati morti su una scogliera, distesi uno affianco all’altro: sembra subito un suicidio. C’è però un dettaglio che non torna e l’investigatore della polizia, quello che assomiglia al tenente Colombo, uomo dimesso e sfiduciato, stanco, che gira indossando una giacchetta lisa, lo nota e inizia a ragionarci sopra fino a quando l’indagine passa ad un altro poliziotto. Anch’esso trova incongruente quel dettaglio e così inizia a risalire a ritroso nella vicenda, che inizia alla stazione di Tokyo, quando la vittima è stata vista salire su un treno.
Tokyo Express di Matsumoto Seicho è un giallo classico, di quelli di una volta, dove l‘arma in mano al protagonista sono le sue celluline grigie, come diceva Hercule Poirot: l’indagine svolta dall’investigatore più che su prove si basa sulla certosina attenzione all’ambiente, alle distanze, ai treni presi (peraltro, grazie a questo libro, scopriremo che in Giappone gli orari del treno sono una scienza esatta quanto la geometria euclidea), ripercorrendo passo passo i movimenti di quello che potrebbe essere l’omicida nello spazio e nel tempo, perché la storia attraversa tutto il Giappone.
Infatti il cadavere viene ritrovato nelle isole meridionali ma il poliziotto arriverà fino a Hokkaido nel freddo settentrione, e dal momento che è ambientato nel 1958, affronterà viaggi in treno di ore ed ore, mandando telegrammi e calcolando mentalmente il tempo di andata e ritorno della risposta, così da dare un indirizzo dove potrà ritirarlo. È anche in questo che troviamo quel gusto vintage di cui dicevo poc’anzi, nei dettagli minuti di un mondo non troppo lontano nel tempo ma lontanissimo nelle abitudini quotidiane. È un Giappone diverso da quello che ci aspettiamo: non ci sono i samurai e le geishe, ma non ci sono nemmeno figure stranianti come in Murakami, o violenza psichedelica come in quello contemporaneo. È un Giappone che per certe cose assomiglia tanto alla provincia italiana degli anni Cinquanta: un improvviso benessere, retaggi arcaici nelle relazioni umane, la civiltà di massa che si va a sovrapporre con quella pre-capitalista.
Tre motivi per leggere Tokyo Express di Matsumoto Seicho?
Il primo è che si tratta di un bel giallo “classico”: se tutti noi abbiamo letto Agatha Christie oppure Simenon, qui ci troviamo davanti a un autore a noi probabilmente nuovo e sconosciuto.
Il secondo motivo è che raramente capita oggi di leggere un così raffinato giallo dove la principale arma in possesso dell’investigatore è la mente.
Il terzo motivo è la profonda delicatezza dell’autore nei confronti dei suoi personaggi e dell’investigatore nei confronti della vita delle persone su cui va ad indagare. Perché in Tokyo Express di Matsumoto Seicho si parla di amore, si parla di passioni vissute con vergogna, sempre tenendo davanti agli occhi la dimensione umana, tant’è che tutta l’investigazione parte da un piccolissimo dettaglio, dall’osservazione che una persona fa legata a una questione di gentilezza e buona educazione