Grande era onirica di Marta Zura-Puntaroni edito da Minimum Fax è uno dei romanzi di formazione più duri, onesti e disturbanti pubblicati nell’ultimo periodo.
Opera prima di un’autrice non ancora trentenne, vuole raccontare all’incirca un anno di vita di una studentessa universitaria che risiede a Siena. Il tema della fuorisede però non viene svolto con i toni da commedia di molti film di questi anni, nè con pretese da divulgazione sociologica su cosa siano i millenials.
Tutto il romanzo, raccontato in prima persona, è l’autobiografia di una ragazza scostante, antipatica, chiusa in sé stessa che percorre scientemente un cammino sempre più distruttivo, incurante di quanto questo la nuocia. Una protagonista che, nonostante questo, stimola in chi legge sentimenti di vicinanza e di simpatia, nel senso originale del termine e cioè di “condivisione dei sentimenti”, per la mancanza di ogni infigimento con cui guarda la realtà: ogni sbaglio, dipendenza, umiliazione, è vissuto e raccontato con sguardo freddo, preciso e sincero.
Questo è possibile grazie alla prosa, altrettanto precisa quanto sfaccettata, che sfoggia una meravigliosa varietà di lessico.
In Grande era onirica di Marta Zura-Puntaroni leggiamo una lingua italiana rotonda, completa, e quanto più lontana possibile dalla sciatteria odierna.
Il titolo prende origine dai sogni della protagonista: ad ogni periodo di dipendenza (sia alcool, psicofarmaci o altro ancora) corrisponde un certo tipo di sogno, che riempie le notti aggiungendo ulteriore malessere emotivo. Giacchè i sogni della innominata protagonista sono sempre pieni di angoscia,disagio e certe volte orrore.
E la voce narrante è come il diavolo descritto ne Il nome della Rosa: non ride mai perché vede da dove viene e sa già dove andrà.
Date le premesse bisognerebbe liquidare Grande era onirica di Marta Zura-Puntaroni come l’ennesimo romanzo in cui il protagonista (o l’autore, perchè un sospetto di autobiografismo in questi casi è sempre presente) “si guarda l’ombelico”.
Invece non è così.
La precisione analitica e la scrittura affilata e chirurgica di certi luoghi e dinamiche universitarie (la biblioteca, i ricercatori, i concorsi, l’ozio e la noia, la continua attesa) vanno oltre il semplice dato biografico o autobiografico per riportare a galla sensazioni, momenti e abitudini comuni a tutti coloro che hanno vissuto per un tempo più o meno breve una esperienza universitaria.
Nel suo lento percorso la protagonista non si fa illusioni sulle dinamiche sempre più corrosive in cui finisce, tra errori e pulsioni autodistruttive.
Eppure, quando si rapporta al mondo esterno, fatto di compagni di corso, di bar, di riflessioni sulla famiglia e sul senso del fallimento, la sua voce va ad abbracciare tutti coloro che hanno sentito su di sè il peso degli sbagli, dei fallimenti e delle aspettative familiari, diventando così una voce universale.
Dopo una durissima pars destruens (la psicanalisi, i farmaci, gli uomini, l’università, la società: nessuno si salva, nessuno pare essere innocente in Grande era onirica di Marta Zura-Puntaroni ) arriva infine anche un raggio di luce e di speranza.
Si chiude un cerchio e la protagonista, con i suoi occhi attenti ed implacabile, sembra vedere l’alba dopo tanto buio e tanto dolore.
Tre motivi per leggere Grande era onirica di Marta Zura-Puntaroni ?
La scrittura raffinata, analitica, ponderata e precisa.
Vedere come è realmente il mondo della depressione e della malattia mentale, oltre i soliti banali clichè.