Moby Dick – prove per un dramma in due atti di Orson Welles e pubblicato dalla Gaffi – Italosvevo Edizioni è il frutto dello straordinario incontro tra un grande artista visionario e uno dei più grandi romanzi americani.
Il 1955 è l’anno del film Moby Dick girato da John Huston con Gregory Peck protagonista indiscusso, ma anche l’anno in cui Orson Welles decide di portare a teatro il capolavoro di Herman Melville. Portare in un teatro una storia che ha per protagonista una gigantesca balena bianca, simbolo di ogni male, che alla fine distrugge una nave non è la cosa più semplice del mondo. La risoluzione del problema mostra quanto Orson Welles fosse un uomo visionario e geniale allo stesso tempo; ma non per nulla a ventitrè anni aveva terrorizzato gli Stati Uniti con l’adattamento radiofonico de La guerra dei mondi di H. G. Wells, e a ventisette diretto Quarto potere.
Per capire l’unicità di Moby Dick – prove per un dramma in due atti di Orson Welles e pubblicato dalla Gaffi – Italosvevo Edizioni bisogna anche tenere conto di alcune caratteristiche del testo e del suo autore.
Moby Dick viene pubblicato nel 1851 ed è un fallimento: non lo legge nessuno, le copie restano invendute e alla fine Melville smette di scrivere e inizia a lavorare come doganiere in un ufficio che gli trova il suocero. Morirà alcuni anni dopo, pensando di essere un fallito.
Moby Dick viene riscoperta negli Anni Venti e solo allora viene considerato un capolavoro. In Italia Cesare Pavese lo traduce negli Anni Trenta, compiendo una fatica immane: è un testo denso, enciclopedico, dove la prosa pesca abbondantemente da testi biblici, shakespiriani, nautici, omerici, spaziando in una infinità di digressioni. Per dare idea di quando Moby Dick possa essere quasi un ipertesto, basta dire che la prima edizione viene censurata nel Regno Unito per le descrizioni fisiologiche del sesso tra balene.
Si capisce quanto per portarlo in un teatro servisse una riduzione. Il primo lavoro che Orson Welles compie è tradurre il testo in versi sciolti:
Qualche anno fa – poco importa quanti –
ho fatto la pensata di imbarcarmi per un po’
onde vedere la parte acquorea del mondo.
Ogni volta che non riesco più a scrollarmi il broncio
dalla bocca e la mente dagli occhi;
ogni volta che nell’anima mi cala un umido novembre
ecco che arriva l’ora di prendere il mare.
Il grande tocco di genio di Orson Welles è quello di creare un’opera metateatrale, mettendo in scena una compagnia di attori che a fine Ottocento (e quindi quando Moby Dick era quasi sconosciuto) nelle pause della rappresentazione del Re Lear fa le prove per mettere in scena il testo di Melville.
Ed ecco come inizia Moby Dick – prove per un dramma in due atti di Orson Welles e pubblicato dalla Gaffi – Italosvevo Edizioni
SCENA: un teatro americano alla fine dell’Ottocento. Nel corso delle prove i teatri sono spesso luoghi freddi e gli attori preferiscono in restare con il cappotto indosso, tranne quando l’azione, o la parte che devono recitare, esige che stiano in maniche di camicia. Non verrà usato materiale di scena. Arpioni, remi, aste, monete, libri di preghiera, carte nautiche e telescopi verranno tutti evocati a gesti.
Ci troviamo davanti ad un copione vero e proprio, estremamente dettagliato, che aiuta a capire come Orson Welles abbia impostato il suo Moby Dick e al contempo i trucchi scenici di una volta: il direttore di scena agita una lastra di metallo per fare il rumore del temporale.
Il testo risulta così centrale e preponderante che con l’escamotage di utilizzare una piccola compagnia teatrale della fine del secolo precedente permette ad Orson Welles di costringere gli attori a recitare più parti: in camicia, senza trucchi e attrezzi di scena, sono solo uomini che danno voce alle parole di Melville. E questa centralità del testo, ripulito da ogni cosa, addirittura anche dai costumi, rende questa rivisitazione teatrale unica.
Vale la pena di citare il finale, che tutti noi conosciamo.
Il vortice avido afferra la nave, la ciurma,
ogni remo fluttuante e ogni asta,
facendo sparire anche la più piccola scheggia del
“Pequod”…
(Una pausa, ISHMAEL si sposta in avanti verso un’altra luce al centro del palco)
… e Ishmael non vide più niente…
Perché io solo sono sopravvissuto per raccontarlo.
Al secondo giorno una nave mi si accostò.
Era la “Rachele” che, alla ricerca dei suoi
figli perduti, trovò solo
un altro orfano.
(ISHMAEL chiude il copione. Dopo qualche momento alcuni degli altri ATTORI emergono dal buio fino al centro del palco, raccogliendo i cappotti e infilandoseli. AHAB si dirige la scrivania del direttore di scena ma ormai mentre recupera il cappello a tesa larga e si accende un sigaro non è più AHAB; è ancora una volta in tutto e per tutto l’IMPRESARIO. Gli altri hanno cominciato a uscire dalla porta alla spicciolata. Il GIOVANE ATTORE si alza e guarda il vecchio attore-impresario.)
IMPRESARIO. Calare il sipario
Tre motivi per leggere Moby Dick – prove per un dramma in due atti di Orson Welles e pubblicato dalla Gaffi – Italosvevo Edizioni?
Si tratta di una summa, una sintesi asciutta ma profondamente efficace di uno dei testi imprescindibili della letteratura, uno dei più grandi romanzi statunitensi. Se uno non ha ancora letto Moby Dick potrebbe scegliere proprio questo testo per iniziare a scoprirlo.
Il secondo è guardare una storia che più o meno tutti conosciamo (Achab e Ismaele fanno parte della mitologia contemporanea) con gli occhi di un regista che esalta in maniera massima il testo. Moby Dick diventa qui il trionfo della parola, e tutto ciò che non serve a questo sparisce. Risuona Melville ed i suoi toni duri e roboanti, un po’ da predicatore che annuncia l’inferno e la dannazione eterna, un tono da profeta apocalittico.
Terzo motivo per leggere Moby Dick – prove per un dramma in due atti di Orson Welles e pubblicato dalla Gaffi – Italosvevo Edizioni è quello più materiale, e ne parlavamo già a proposito di Visto, si stampi di Gabriele Sabatini. Quesa casa editrice crea dei libri anche fisicamente splendidi, scegliendo con cura carta per le pagine e la copertina, quest’ultima impreziosita da una illustrazione di solito retrò ma senza affettazione, e lasciandoli intonsi.
Ai lettori il piacere di scoprirli piano piano, tagliando le pagine e gustandosele una ad una.