La nazione delle piante di Stefano Mancuso

Ora che è arrivata finalmente la primavera, le gemme inverdiscono i rami degli alberi e i primi fiori fanno capolino tra i prati, esce anche La nazione delle piante, il nuovo libro di Stefano Mancuso, pubblicato da Laterza.

Questo è un saggio un po’ diverso dal precedente, L’incredibile viaggio delle piante: se quello era una sorta di diario di viaggio che ci parlava della biodiversità nel mondo, questo invece è… una costituzione!

Le costituzioni sono quei documenti che raggruppano le leggi fondamentali di uno stato e noi essere umani – Mancuso lo dice nell’introduzione – non capiamo le piante; sostanzialmente ce ne freghiamo di loro. Capiamo soltanto le categorie collegate alla nostra identità umana: allora dare voce alle piante, scrivere questa costituzione che raggruppa le loro leggi fondamentali è utile perché l’uomo ne comprenda la vita ed i meccanismi.

Guardando alle piante come si guarda ad una nazione umana, i risultati sono sorprendenti. La Nazione delle Piante, con il suo tricolore verde, bianco e blu (sono i colori del nostro pianeta e dipendono dalla presenza delle piante) rappresentano la più popolosa, importante e diffusa nazione della Terra (soltanto gli alberi sono 3000 miliardi). Costituita da ogni singolo essere vegetale presente sul pianeta, è la nazione da cui ogni altro organismo vivente dipende. […] Senza piante il nostro pianeta assomiglierebbe molto alle immagini che abbiamo di Marte o di Venere: una sterile palla di roccia.

Le piante non solo sono in numero ben superiore agli esseri umani, ma sono anche molto più antiche. Se l’uomo calca la Terra da qualcosa come 300.000 anni

Il Ginko biloba ha probabilmente oltre 250 milioni di anni, gli equiseti erano già diffusi 350 milioni anni fa. Una felce, l’Osmunda cinnamomea, è stata ritrovata in rocce fossili di 70 milioni di anni fa.

Noi siamo gli ultimi arrivati, siamo un po’ come bambini e come bambini facciamo danni senza rendercene conto, più o meno.

La bellezza de La nazione delle piante di Stefano Mancuso, pubblicato da Laterza, è che parlando delle piante e delle loro leggi riesce a parlare anche di noi e dei nostri errori.

In modo intelligente e garbato mette davanti ai nostri occhi quei tanti problemi contemporanei che magari sentiamo al telegiornale, nei programmi televisivi ma a cui alla fine non prestiamo attenzione.
Pensiamo al riscaldamento globale. Se ne sente parlare spesso, ma in concreto, che effetti ha sul nostro mondo circostante? Ad esempio, fa camminare le piante. Nessuno di noi ha mai visto un faggio che cammina per strada, magari giusto nel film Il Signore degli Anelli ma di certo non nella quotidianità. Eppure…

In risposta alla pressione di un ambiente sempre più caldo, le specie forestali, ad esempio, stanno aumentando l’altitudine alla quale vivono. […] In Svezia negli ultimi cinquanta anni le popolazioni di abete rosso (Picea abies) sono salite di circa 250 metri e la betulla (Betula pendula), di cui fino al 1955 non si conosceva un solo esemplare oltre 1095 metri sopra il livello del mare, cresce oggi normalmente ad altitudini tra i 1370 e 1.410 metri

La nazione delle piante di Stefano Mancuso è diviso in otto capitoli, otto articoli di questa costituzione, ed in ognuno ci illustra una specificità delle piante, ponendo sul tavolo in maniera chiara un problema contemporaneo dovuto al nostro cattivo modo di agire.

Tutti noi avremo sentito, almeno una volta, parlare del Protocollo di Kyoto e poi del Trattato di Parigi. Magari ci ricordiamo vagamente che è un accordo internazionale teso a diminuire le emissioni di anidride carbonica: ma perché è importante che questo accada?

Cosa succederebbe se l’anidride carbonica aumentasse ancora, e con essa il riscaldamento globale?

Stefano Mancuso ci ricorda che una cosa simile è già successo 450 milioni di anni fa all’incirca, ed è stato il momento di una delle cinque estinzioni di massa, quei momenti in cui tra il 75% e il 90% delle specie viventi spariscono. Una di queste ha segnato la fine dei dinosauri.

Non è la prima volta, infatti, che nella storia della Terra il livello di CO2 raggiunge livelli allarmanti.
Tutt’altro. Intorno a 450 milioni di anni fa, la concentrazione nell’atmosfera terrestre raggiunse picchi molto più elevati di quelli correnti […]. A questi livelli di CO2, i primi organismi che proprio allora si affacciavano sulla terraferma si trovarono a vivere in un ambiente ben diverso da quello odierno: temperature molto elevate, radiazioni ultraviolette, tempeste formidabili e fenomeni atmosferici violenti. Un ambiente che rimase a lungo ostile, al limite delle possibilità di sopravvivenza per la maggior parte delle specie, finché qualcosa di inaspettato, in un tempo relativamente breve, non fu in grado di cambiare tutto, abbattendo drasticamente la quantità di CO2 fino a livelli molto più bassi e compatibili con la vita. Cosa era successo?
Semplice, le piante, deus ex machina di questo pianeta, si erano manifestate, risolvendo, con un colpo di scena, una situazione apparentemente senza vie d’uscita. In relativamente pochi milioni di anni, le neonate foreste arboree, assorbendo smisurate quantità di CO2 atmosferica e utilizzando il suo carbonio per creare sostanza organica, erano state in grado di ridurne la concentrazione di circa dieci volte, modificando sostanzialmente l’ambiente terrestre e rendendo possibile l’avvento di una diffusa vita animale terrestre.

La ovvia conseguenza è che se continuiamo ad abbattere le piante e a intaccare i grandi polmoni verdi ci sarà meno ossigeno e sempre più anidride carbonica, giungendo così alla sesta estinzione di massa. Oltre al fatto che nel frattempo le piante, come si vedeva prima, cercheranno sempre di salire più in alto per stare al fresco.
Tutti gli anni poi, il primo di agosto, c’è una notizia che compare in coda nei telegiornali.

Molti di voi avranno sentito parlare del cosiddetto Earth Overshoot Day (EOD), un tempo conosciuto anche come il “giorno del debito ecologico”. In poche parole, si tratta del giorno dell’anno in cui l’umanità, avendo consumato l’intera produzione di risorse che gli ecosistemi terrestri sono stati in grado di rigenerare per quello stesso anno, inizia a consumare risorse che non saranno più rinnovabili. È come se, passato questo giorno dell’anno, l’umanità vivesse erodendo le risorse del pianeta.

Se adesso questo giorno cade il primo di agosto, fino agli anni Settanta era il 31 dicembre. Questo significa che cinquant’anni fa noi consumavamo quello che la terra ci dava e, per così dire, “andavamo in pari”. Per fare un paragone, pensiamo a una famiglia: se prima spendeva in un anno quanto guadagnava, adesso spende più di quello che guadagna, andando ad intaccare ogni anno i risparmi. Non serve un genio dell’economia per capire che facendo così si va in bancarotta.
Bisognerebbe fare come fanno le piante, che consumano solo quello che hanno.

Le piante, ovviamente, non hanno di questi problemi; il loro sviluppo non può che tener conto della disponibilità di risorse. Così, come qualunque altro sistema naturale, il mondo vegetale segue la semplice regola di crescere fin che è possibile farlo, in accordo con la quantità di risorse disponibili. In altre parole, quando i mezzi scarseggiano, la crescita si riduce. L’insana idea che sia possibile crescere indefinitamente in un ambiente che dispone di risorse limitate è soltanto umana. Il resto della vita segue modelli realistici.

Le piante hanno più chiaro di noi cosa significa “economia sostenibile”, insomma. Ma noi stessi oltre a consumare troppe risorse, distruggiamo anche i mezzi di produzione, come le foreste, che ci servono per vivere.
Questa nostra attitudine è dovuta, secondo a Stefano Mancuso, al fatto che viviamo come in una bolla. punto sopra parlavamo prima del delle foreste dell’ossigeno noi è sostanzialmente viviamo in un quella che si può chiamare bolla di filtraggio. Se ne parla spesso a proposito di facebook (e in 7 di Tristan Garcia c’è un notevole racconto che ne romanza le estreme conseguenze): è quell’algoritmo che ci mostra solo persone e interventi di persone che più o meno la pensano come noi. Quando poi ci succede qualcosa che ci sembra inaspettato, lo è semplicemente perché la nostra bolla non ci prepara al “diverso” rispetto al nostro punto di vista.

Noi viviamo in una bolla: pensiamo di essere i dominatori della Terra, la specie migliore, la sommità dell’evoluzione, e ci comportiamo come tale, senza rispetto per le altre specie che ci circondano.

Invece siamo una delle più giovani ma soprattutto facciamo parte di un ecosistema più grande, e rappresentiamo circa lo 0,6% di tutti gli esseri viventi. Il nostro essere in una bolla di superbia ci impedisce anche di relazionarci con le piante e con gli animali in una maniera sana.
Per dimostrarci che tutto è collegato nel mondo vegetale e animale c’è l’articolo 2:

La nazione delle piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni sono gli organismi che le compongono.

Questo è probabilmente l’articolo de La nazione delle piante di Stefano Mancuso, pubblicato da Laterza, che mi piace di più.
Qui Mancuso tira fuori ancora di più quel suo modo garbato e spiritoso di fare divulgazione. C’è la parte in cui Mao Tse-tung decide di uccidere tutti passeri della Cina prendendoli per stanchezza: la conseguenza è la morte per fame di un numero tra i 20 e i 40 milioni di persone e la richiesta da parte della Cina maoista all’URSS di Krusciov di mandargli dei passeri.

La morale è che i rapporti tra specie sono come lunghe catene, ed andare a toccare un anello può generare danni inaspettati.

Oppure, sempre per farci capire come noi siamo una parte di equilibri più grandi di noi, Stefano Mancuso cita la

famosa la storiella proposta per la prima volta dai biologi tedeschi Ernst Haeckel e Carl Vogt, sulla scorta delle relazioni indicate da Darwin, secondo la quale le fortune dell’Inghilterra dipenderebbero dai gatti.
Questi, infatti, nutrendosi dei topi, aumenterebbero la possibilità di sopravvivenza dei bombi, che impollinando i trifogli, di cui si nutrono i manzi da cui dipende la carne che nutre i marinai inglesi, permetterebbero alla marina britannica – che com’è noto rappresenta la vera forza su cui si basa la potenza dell’impero – di sviluppare tutta la propria forza. Thomas Huxley, spingendo oltre lo scherzo, aggiunse che non erano i gatti, quanto il perseverante amore delle zitelle inglesi per gli stessi, la vera forza dell’impero. Uno scherzo dietro al quale, tuttavia, si cela la semplice verità che tutte le specie viventi sono connesse in qualche maniera le une con le altre da relazioni palesi o nascoste

Noi siamo in un tutt’uno con le piante, solo che non ce ne rendiamo conto. Siamo nella nostra bolla pensando di essere in cima alla catena alimentare e di essere i migliori e i più intelligenti, eppure stiamo pian piano portando alla sesta estinzione di massa questo pianeta. Abbiamo scritto Delitto e castigo e affrescato la Cappella Sistina, ma queste cose non ci sopravviveranno se ci estingueremo. Di noi e della nostra grandezza non resterà nulla, mentre il Ginko biloba sopravviverà, e con lui i licheni.
Dei licheni Stefano Mancuso parla nel capitolo 8, quello dedicato alla simbiosi. Sono esseri viventi che riescono vivere anche nello spazio: li abbiamo spediti su un razzo nello spazio e per quindici giorni hanno vissuto senza problemi. Decisamente le piante sono molto più resistenti di noi.
La cosa migliore per noi allora è forse a imparare a vivere come loro, in una maniera più consapevole e bilanciata, non facendoci del male da soli, non distruggendo le nostre risorse e soprattutto con un occhio al futuro che ci aspetta.

Tre motivi per leggere La nazione delle piante di Stefano Mancuso, pubblicato da Laterza?

Perché è un bellissimo libro che ci parla delle piante che abbiamo intorno e ci fa guardare la natura in una maniera più consapevole.
Il secondo è che Stefano Mancuso è divertente, scrive bene e divulga con leggerezza e garbo.
Il terzo motivo è perché parlando delle piante parla anche di noi, della società che abbiamo creato, dei nostri errori e delle cose che potremmo imparare dalle piante per vivere meglio.

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