Vento in scatola di Marco Malvaldi

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Vento in scatola di Marco Malvaldi e Glay Ghammouri, pubblicato da Sellerio, è un giallo diverso rispetto ai precedenti dell’autore pisano.
Il primo motivo è la presenza di un coautore: Glay Ghammouri è un militare tunisino attualmente detenuto nel carcere di Pisa come ergastolano.
Malvaldi negli anni ha fatto alcuni corsi di scrittura creativi nei carceri toscani; io stesso ricordo di avere letto l’anno scorso o due anni che sarebbe stato in quello di Massa.
Da questa esperienze e dall’incontro con Glay Ghammouri è nato lo spunto per un giallo scritto in qualche maniera quattro mani e ambientato in un carcere.
Per ambientazione ma anche per genesi Vento in scatola di Marco Malvaldi è molto diversa sia dalla saga del Bar Lume che dagli altri suoi gialli.

Qui non c’è nulla di farsesco: è un giallo serio e teso che abbandona la battuta e il facile doppio senso, e possiede una valenza etica importante.

Il protagonista è Salim, un tunisino che ha compiuto un brutto reato in Tunisia: scappa, arriva in Italia e viene incarcerato per un reato che non ha commesso. È tramite i suoi occhi che noi conosciamo il mondo carcerario italiano e scopriamo cos’è il sopravvitto, cos’è la cella liscia, i meccanismi burocratici e di convivenza.
Sono tutte cose apprese sicuramente dall’incontro e dalla collaborazione con Glay Ghammouri e anche dalle visite nelle carceri toscane. Valga come esempio la parte in cui cita il carcere di Massa:

Ci sono carceri buone, per questo, e carceri meno buone. Tipo, qui in Toscana, Volterra o Massa. A Massa lavorano quasi tutti, ci sono stato tre anni e ho sempre lavorato.
– Boia de’, Massa è un paradiso – ribadì Simone. – Ci sono stato anch’io. Te renditi conto, dice che c’è gente che ha aspettato il definitivo in un albergo subito fuori dal carcere, no? E quando n’ha telefanato l’avvocato sono andati a costituissi direttamente lì al portone del carcere.
– De’, se tu vòi qui siamo a Massa – riprese Luca. – Qui lavora un detenuto su cinque lavora. In teoria sarebbe un tuo diritto.

Salim, broker in Tunisia, nota in questo carcere qualcosa che non va, ma la sua preoccupazione principale resta quella di viverci al meglio, e non è semplice.
Qui non stiamo parlando di vecchietti che non hanno nulla da fare e stanno seduti al Bar Lume, facendo passare il tempo chiacchierando e spiando i compaesani.

Siamo in un carcere, con regole anche assurde, e la prima cosa da fare è non crearsi problemi.

Notevole come Salim in Vento in scatola di Marco Malvaldi abbia tra le proprie abilità non solo quelle inerenti all’economia, ma anche alcune gastronomiche. C’è una piccola parte culinaria in questo giallo che ho trovato estremamente gustosa: il protagonista cucina all’interno del carcere, arrangiandosi come può, e naturalmente cucina piatti della tradizione tunisina. Sono ricette descritte in maniera abbastanza puntuale e, leggendone, a me che non conosco la cucina tunisina e del Maghreb, è venuta una certa acquolina in bocca.

Tre motivi per leggere Vento in scatola di Marco Malvaldi e Glay Ghammouri, pubblicato da Sellerio?

Si tratta di un giallo diverso rispetto ai precedenti dello stesso autore, per giunta ambientato in un luogo inusuale per la nostra letteratura. Il carcere è descritto in maniera estremamente vera e reale. Si sente che c’è a monte della scrittura vita vissuta. Valga la parte in cui si racconta come Salim è stato condannato: si è preso sei anni, anche se ne avrebbe potuto prendere molti meno. Cos’è successo? La descrizione di alcuni meccanismi giuridici della legge italiana, e di come avvocati e giudici possano far pendere la bilancia verso una maggiore o una minor pena, mi fa pensare che si faccia riferimento a qualche caso realmente accaduto.
Il secondo motivo è che Malvaldi sceglie una scrittura diversa dalla solita. Asciutta, nitida, senza sbavature, diventa il modo più indicato per il tema che va a raccontare.

Il terzo è la presenza di una dimensione etica in Vento in scatola di Marco Malvaldi.

Parlare del sistema carcerario italiano è difficile: si rischia o di dire banalità o di impegolarsi malamente iniziare a fare un discorso complicato. la valenza etica di questo giallo si percepisce davanti alla posizione assunta da Malvaldi: non giudica, non condanna, ma mostra una serie di dati (che suppongo tutti veri) burocratici e legati alla quotidianità che ci fanno riflettere su una condizione comune a tante persone (circa 63.000 al 31 maggio 2019). 

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