A settembre riprendono le uscite editoriali dopo un mese intero senza libri, e tra le prime lette da noi c’è Gli affamati e i sazi di Timur Vermes, edito da Bompiani.
Per raccontarvi quello di cui parla il libro serve un paragone iniziale: pensate a una donna, uscita da Uomini e donne, da L’isola dei famosi, da Temptation island o da qualsiasi reality di basso livello.
Prendete quindi una starlet (come l’avrebbero chiamata una volta) che porta verso di noi 150.000… 200.000… 300.000 immigrati dall’Africa. Poichè Timur Vermes è tedesco l’ambientazione è quella della televisione e della politica tedesca.
Ambientato in un futuro abbastanza prossimo, in Germania non c’è più la Merkel al governo: c’è un altro Cancelliere ma continua a governare la Grosse Koalition, cioè l’alleanza del partito di centrodestra e di quello di centrosinistra. Gli stati europei hanno capito che è inutile continuare a pagare la Libia, l’Egitto e gli stati che si affacciano sul Mediterraneo per tenere gli immigrati africani nei campi di detenzione. Meglio pagare quelli oltre il Sahara, ben più poveri, perchè li trattengano ancora più lontani dalle rive del Mediterraneo.
In uno stato che non viene nominato, ma potrebbe essere il Ciad, si è formato una sorta di lager, un campo dove vivono ammassati 2 milioni di immigrati africani che vorrebbero raggiungere l’Europa ma non gli è permesso, e vegetano lì, da anni forse.
Questo accade per un motivo semplice, come spiega un passatore, uno degli africani che si arricchisce illegalmente chiedendo soldi agli immigrati per trasportarli in Europa. Ora che è più difficile arrivare in Europa, per le mutate condizioni politiche, il viaggio è più rischioso, quindi bisogna pagare di più. Gli immigrati sono poveri, non hanno abbastanza soldi per pagare i passatori quindi sono fermi da anni in questo campo da due milioni persone.
Gli affamati e i sazi di Timur Vermes inizia proprio in questo campo, dove gli immigrati passano le loro giornate facendo niente: lì sta per arrivare “l’angelo tra i poveri”.
La protagonista, aristotelicamente Primo Motore dell’azione, è Nadeche Hackenbusch, figlia ed ora regina dei reality show, donna di una stupidità, di un’arroganza e di una idiozia infinita.
Questa sorta di stupido flamingo rosa gonfiabile per gli insondabili meccanismi della televisione popolare è diventata una persona di successo: fa grandi ascolti nel programma della tv tedesca “Angelo tra i poveri”, dove viene mandata a risolvere piccoli problemi e piccoli drammi quotidiani in un campo profughi per siriani nella zona orientale della Germania.
In un certo senso una versione tedesca di Flora De Pisis, l’incubo del Carlo Monterossi di Alessandro Robecchi.
A questo punto immagino si sia capito che Gli affamati e i sazi di Timur Vermes è un romanzo profondamente grottesco, uno specchio deformato che mette davanti ai nostri occhi, esagerandoli e gonfiandoli, gli aspetti peggiori della nostra società.
“L’angelo tra i poveri” accompagnata da una giornalista della stampa popolare che la idolatra e che è ancora più scema di lei, arriva in questo questo campo con due milioni di profughi e per una serie di vicende inizia a sentirsi così tanto un angelo tra i poveri che se ne porta dietro 150.000: a piedi arriveranno in Germania.
E se adesso vi state chiedendo come fanno 150000 persone a piedi ad arrivare in Germania attraversando il deserto senza che nessuno faccia qualcosa nel mentre… sappiate che Timur Vermes sta elaborare ottime spiegazioni logistiche.
Quando inizia marcia la narrazione prende a concentrarsi su tre poli diversi.
Il primo è quello delle migliaia di disperati guidati da una donna stupida e pretenziosa sulla sua jeep tigrata rosa e nera.
Il secondo è quella della sua emittente televisiva: il direttore del programma a un certo punto dice è come se l’11 settembre durasse per un sacco di giorni. Stanno avendo degli ascolti strepitosi! stanno vendendo così tanta pubblicità che hanno riempito tutti gli slot da lì al Natale! Quindi che Nadeche Hackenbusch non cammini troppo veloce coi suoi migranti, così la marcia e la trasmissione durerà più a lungo.
Il terzo polo della narrazione è naturalmente la politica. Il Ministro degli Interni e tutta una serie di sottoposti, di politici minori, di funzionari di medio livello, devono gestire centocinquantamila immigrati (che poi diventeranno duecentomila, trecentomila…) in marcia verso la Germania per violarne i confini.
Davanti a questa prospettiva, che con il tempo si fa più vicina, e quindi reale, il Governo si domanda se fermarli, quando fermarli, come fermarli.
Perchè se il Ministro degli Interni li ferma, il Governo sembrerà fatto di uomini spietati e cinici e perderà voti. Se noi non li ferma la destra più o meno estrema prenderà più voti, e loro non possono finire all’opposizione, perché solo loro possono essere un argine al disordine e agli estremismi.
Sono tutti discorsi che si sono sentiti anche in Italia, nonostante nessuna reduce del Grande Fratello abbia mai provato a portare centinaia di migliaia di immigrati dall’Africa a qua.
Cosa importante da dire de Gli affamati e i sazi di Timur Vermes, edito da Bompiani è che nessuno ci fa una bella figura, né bianchi né neri, né europei né africani.
Il mondo della televisione è cinico e spietato, la politica opportunista, la star della tv una povera stupida arrogante, e pure gli immigrati non fanno una figura migliore. Tra loro ci sono violenze, sfruttamento, sotterfugi, razzismo e sono un meccanismo perfettamente integrato nel mondo che li circonda. Hanno imparato che nella marcia è meglio tenere donne e bambini in prima fila così che siano sempre ben inquadrati dalle televisioni, per ottenere una maggiore empatia dai telespettatori. Che lo facciano pure, dice il direttore di rete, che mettano donne e bambini in prima fila quando vorranno sfondare i cordoni della polizia, ma che lo facciano nella fascia oraria del prime time, così da avere ascolti maggiori.
Gli affamati e i sazi di Timur Vermes, edito da Bompiani è un romanzo grottesco e duro che parla di noi.
Parla dell’Europa contemporanea, di cosa noi europei siamo diventati, di come l’informazione viva buttandola sul “patetico” (in senso etimologico), tralasciando gli aspetti razionali per andare a puntare scientemente sul “cuore” o sulla “pancia” della gente.
Tre motivi per leggere Gli affamati e i sazi di Timur Vermes, edito da Bompiani?
È un romanzo dove nessun personaggio principale è positivo: non non vi affezionerete a nessuno, credetemi.
In secondo luogo, è un romanzo pieno di inventiva. Partendo da un presupposto impossibile (centinaia di migliaia di persone che vengono a piedi dall’Africa in Germania per restarci), è necessaria una certa brillantezza nella risoluzione dei vari problemi. Timur Vermes sfodera idee ed escamotage efficaci per rendere questa assurda marcia credibile.
Il terzo motivo è perché Gli affamati e i sazi di Timur Vermes parla di noi, mettendoci davanti ad uno specchio, seppur deformato.
I protagonisti alla fine siamo noi, con le nostre miserie, il nostro voyeurismo e la nostra credulità. Crediamo alla stampa, che oramai spesso scrive per motivi ben lontani dalla verità e dall’informazione. Crediamo alla tv e a quello che ci fanno vedere i mezzi d’informazioni di massa. Crediamo ai social e a qualsiasi cosa condividono. Leggendo questo romanzo vediamo riflessa l’immagine, seppur deformata e corrotta, della nostra società egoista e arida.
Come finisce la marcia che dal cuore dell’Africa arriva in Europa?
Si può intuire che il finale di un romanzo così grottesco e così sopra le righe sarà altrettanto roboante.
Timor Vermes non sceglie la strada più facile e scontata per chiudere Gli affamati e i sazi: leggetelo e scopritelo!