I cerchi nell’acqua di Alessandro Robecchi

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Per parlare de I cerchi nell’acqua di Alessandro Robecchi pubblicato da Sellerio serve una piccola confessione.
Tutti gli anni aspetto con grandissimo entusiasmo il nuovo libro di Robecchi.
Questo sarebbe dovuto uscire il 12 marzo: peccato che l’11 ci hanno fatto chiudere e io ho ricevuto questo libro tre o quattro settimane dopo la sua data d’uscita.
Certo, lo vedevo in vendita all’Esselunga, eppure non sapevo quando a me sarebbe arrivato.
Ho aspettato a leggerlo, e ne parlo ora, a un mese dall’uscita; cosa del tutto nuova per me, che lo leggo sempre appena esce perché non vedo l’ora di scoprire la nuova storia.
Poi, ogni anno, quando arriva il momento del Salone del Libro vado allo stand Sellerio quando so di trovarlo -sì, lo stalkero- per dirgli: “Allora dottor Robecchi, quand’è che viene a parlare del suo Monterossi da noi in libreria?”

Quest’anno è tutto diverso.

Non ho letto subito il libro e sicuramente non vedrò il dottor Robecchi al Salone, che non si farà.
E in questo strano 2020, mentre mi rendo conto che sto parlando senza essermi ancora tolto i guanti che uso ora per lavoro, forse I cerchi nell’acqua di Alessandro Robecchi segna una nuova fase delle sue storie.
Ci sono infatti alcuni dei personaggi a cui noi siamo molto affezionati che non tornano.

Questa volta il protagonista non è più Carlo Monterossi, che invece è uno spettatore muto.

Carlo Monterossi è il ricco borghese che ascolta Bob Dylan, che beve whisky invecchiato, che ha una meravigliosa terrazza in un attico in centro a Milano. È un ricco che sta così bene che si può sentirsi in colpa per i soldi che fa, ma alla fine se torna nel suo gigantesco appartamento e non ha grosse preoccupazioni, almeno di carattere pratico.
Questa invece è una storia dove può essere solo spettatore, come gli spiega il sovrintende Ghezzi in uno scontro un po’ duro:

«Che ne sa, lei, di quello che c’è là fuori, Monterossi? Parla di ingiustizie e di miserabili come se li avesse visti davvero. Ma non è così. Lei ne fa caricature, Monterossi, lei non sa davvero cosa c’è là fuori, cosa sono le vite in sospeso, le botte, le umiliazioni, la lotta incessante per la sopravvivenza. La roba, Monterossi, i soldi, il potere, il comando, e quelli che chinano la testa, che lavorano ai margini, che ambiscono alle briciole, e a volte per le briciole sono capaci di ammazzare». «Ne fa una questione di classe, Ghezzi? Lo sbirro di strada che fa la lezione al borghese benestante? Sì, ci sta… ma non la faccia troppo semplice, non mi deluda». «Invece è tutto semplice, Monterossi, mi creda. Guardi…».[…]
«Lei mi propone una causa nobile, Monterossi, ma io la sua causa nobile non la capisco. Io ho solo storie ignobili con cui sporcarmi le mani».

Parlando degli altri suoi romanzi passati dicevo sempre: Robecchi sta diventando più amaro, più sfiduciato.
Ora basta, non lo dico più.

Robecchi scrive oramai storie con protagonisti pienamente amari e sfiduciati.

Se a proposito de I tempi nuovi citavo Scerbanenco e la sua indagine sociale di Milano, ne I cerchi nell’acqua di Alessandro Robecchi edito da Sellerio sento delle vicinanze con il Rocco Schiavone di Manzini.
Ci sono in tutti e due i casi uomini di legge che si domandano quanto la Legge sia giusta ed efficace, quanto valga la pena di seguirla e se si è fatto bene a seguirla.
Questa volta Robecchi mette come protagonisti indiscussi Ghezzi e Carella, i poliziotti che abbiamo visto nei libri precedenti, e li pone davanti a un bivio.

Ghezzi sta per compiere 60 anni ed è giunto a quell’età in cui si fanno i bilanci, ci si guarda indietro, si guarda dove si è arrivati e si pensa se ne valeva la pena.

“Se io avessi previsto tutto questo / dati causa e pretesto, le attuali conclusioni” canta Guccini ne L’avvelenata e Ghezzi adesso pensa che forse no, forse non ne valeva la pena.
Tutte queste riflessioni partono dall’incontro con una prostituta sessantenne che lui aveva conosciuto quando era un poliziotto alle prime armi, un giovanotto pieno di bollori ormonali, ma già uomo ligio al dovere; e quindi non aveva approfittato.

Questa vecchia prostituta gli chiede un favore, ritrovarle l’uomo con cui vive da sempre, e che è sparito, ed è un piccolo delinquente che fu il primo arresto di Ghezzi, una vita fa.
Non c’è nessuna denuncia ufficiale, eppure inizia a cercarlo mosso dal ricordo di quegli anni, al contempo riflettendo se ne è valsa la pena essere stato per tanti decenni un uomo integerrimo, con uno stipendio che non permette nemmeno di comprare una lavatrice nuova alla moglie.
Vicino a Ghezzi si muove Carella: ha vent’anni di meno ed è sempre arrabbiato, ogni caso per lui diventa una cosa personale ma questa volta c’è un caso che lo va a toccare nel profondo.
E allora forse Carella diventa un poliziotto “sporco”, corrotto: qualcuno lo vede girare con un macchinone che non si potrebbe permettere nelle bische e nei night dove ci sono anche malavitosi calabresi.
Cosa nasconde Carella? Cosa lo potrebbe portare veramente a passare dall’altro lato?

Ghezzi e Carella prendono a muoversi in quella ampia zona grigia tra la Legge e la Giustizia, e questo è un forte stacco con i romanzi precedenti dove, comunque e in ogni caso, rimanevano all’interno della legalità.

Sembra che Robecchi ci dica che, adesso che sono arrivati I tempi nuovi (come recitava il titolo del romanzo precedente), anche le regole possono essere nuove, interpretabili.
Cosa sono “i cerchi nell’acqua” citati nel titolo? Sono una splendida metafora del dolore.

Il delitto, qualunque delitto, dalle botte al furto in casa, fino all’omicidio, crea una scia di dolore che non è possibile calcolare. Il sassolino nell’acqua ferma produce un cerchio, poi un altro, poi un altro, i cerchi si allargano. Il morto è morto, cazzi suoi, ma il dolore per la sua morte si contagia come una brutta scabbia. I parenti, le mogli vedove, i mariti affranti, i figli, i genitori, gli amici. Tutti quei cerchi di privazione, di lutto, potevano essere infiniti, e chi ci restava dentro era segnato, forse per sempre. Era un’altra vittima.

Ne I cerchi nell’acqua di Alessandro Robecchi edito da Sellerio al tema della distanza tra Legge e Giustizia si affianca quindi la riflessione sul dolore che non risparmia nessuno.
Naturale a questo punto che in una storia fatta di piccoli spacciatori, vecchi ladruncoli, stagionate prostitute e traffichini Monterossi può essere al massimo un solitario spettatore che può provare a capire un mondo per lui lontano.

I cerchi nell’acqua è un poliziesco pieno di tristezza, di dolore e anche di fatica. Perchè giunto ad un certo punto un uomo si sente addosso tutta la fatica di avere vissuto in una certa maniera avendo il dubbio di avere sbagliato tutto.

Robecchi ha scritto uno splendido romanzo che analizza i sentimenti che non vorremmo avere, di cui un po’ ci vergogniamo.

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