Il maratoneta di William Goldman è stato da poco ripubblicato giustamente da Marcos y Marcos, per la gioia di tutti coloro che hanno il terrore dei dentisti, soprattutto se hanno visto l’omonimo film.
Se il film del 1976, con due grandi protagonisti come Laurence Olivier e Dustin Hoffman e su sceneggiatura dello stesso William Goldman faceva paura, bisogna ammettere che il libro ne fa molta di più.
Il romanzo uscì nel 1974 e possiede tutto quello che poteva piacere e tenere avvinghiato il lettore alla pagina in quel periodo: nazisti in Sud America, spie, appuntamenti nelle cabine telefoniche, macchinazioni, doppi e tripli giochi.
Oggi sarebbe sicuramente considerato politicamente scorretto (allora, per fortuna, gli scrittori non dovevano tremare davanti al chiasso sui social) perchè pieno di stereotipi: i nazisti sono cattivissimi, le spie e i faccendieri sono delle macchine di morte a mani nude, i latinos si muovono in bande che spadroneggiano nei bassifondi di New York e sono pronti a svaligiarti la casa, gli omosessuali sono decadenti ed effeminati.
E poi c’è lui, Babe, il protagonista: un ragazzo un po’ giuggiolone che vuole diventare maratoneta perché da piccolo ha visto Abebe Bikila vincere scalzo la maratona di Roma alle Olimpiadi del 1960. Invece basteranno 24 ore per diventare un uomo.
Un solo giorno, raccontato nei dettagli, lo catapulterà da una sorta di post-adolescenza a una maturità piena e compiuta.
Ne Il maratoneta di William Goldman la tensione è continua, senza alcun calo e per questo noi lo leggiamo “bevendocelo” perché vogliamo vedere come procedono le vicende che, come in una maratona, procedono sempre più velocemente mozzandoci il fiato.
Babe è all’ultimo anno dell’università, sta per preparare una tesi sulla tirannia e vuole andare a citare anche il senatore McCarthy (che per noi è cosa vecchia, ma allora erano fatti di una ventina scarsa d’anni prima). In biblioteca incappa in una bella ragazza che si innamora di lui. Babe ha un fratello che lavora nel petrolio: è bello, brillante, maneggia molti soldi e gira il mondo.
Ma ne Il maratoneta di William Goldman tutto quello che vediamo non è quello che è realmente.
Basti dire che il romanzo inizia con una sorta di gara di velocità: due vecchi (un vecchio ebreo americano e un vecchio tedesco) litigano, si insultano, cercano di sorpassarsi in macchina nel traffico di New York e come si sul dire, il battito della farfalla nel Queens crea un tornado in Paraguay.
Perchè in seguito a questo dissidio qualcuno torna dal Sud America, qualcun’altro affianca Babe e poi, aumentando in ritmo come in una maratona, Babe scopre l’amore della, arriva suo fratello e da lì in poi è tutto un concatenarsi frenetico di vicende che non si possono più raccontare, e che procedono con una tensione altissima, fino alla scena del dentista.
i dentisti fanno sempre paura, per quanta musica diffondano nei loro studi o per quante iniezioni di novocaina offrano. Era una paura molto primitiva, andava al di là del dolore.
Il dentista significava paura, come in Psycho la scena della doccia. C’era qualcosa di inconsciamente terrificante nel fare la doccia con una tenda chiusa, e lo stesso era con il dentista. Non si sa mai cosa può succedere.
Cristo, sono terrorizzato, pensò Babe, devo cercare di non farlo vedere. Fissò lo sguardo negli occhi azzurri, pensando che non c’era ragione per aver paura. […]
Il cuore di Babe non ne voleva sapere di stare al suo posto. Gli venne in mente un uccellino di quando era bambino. s’era talmente agitato alla vista del gatto che gironzolava attorno alla sua gabbia, che s’era messo a sbatter le ali, a stridere, poi di colpo era caduto morto; il suo cuoricino non era stato in grado di sopportare la minaccia. Babe si chiede cosa ne sarebbe stato del suo cuore, perché la minaccia si faceva sempre più grave. Szell inserì la spina del trapano, provò ad accenderlo, poi lo spense, una volta constatato che funzionava.
La scena del trapano non è la più terribile – fidatevi! – ma vi farà dannatamente paura.
Questo perchè non è il culmine della vicenda: ci saranno ancora 24 ore in cui la vita di Babe sarà completamente rivoltata, in un accavallarsi di paura, frenesia, desiderio di vendetta.
Il maratoneta di William Goldman pubblicato da Marcos y Marcos termina con una conclusione perfetta:
plic… plic…
plic… plic…
plic…
Sì, questo suono onomatopeico è il suggello coerente e potente di un grande romanzo, che merita di essere riscoperto.