Il re di Varsavia di Szczepan Twardoch pubblicato da Sellerio è il romanzo per chi ha amato C’era una volta in America, Scarface, Peaky Blinders o Boardwalk Empire.
Questa gangster story vi farà sembrare la Chicago de Gli intoccabili una tranquilla cittadina di provincia, dove magari c’è un po’ di malavita, ma niente di più.
Questo perchè Il re di Varsavia è ambientato a Varsavia nel 1937.
Qui sarebbe lecita la domanda: “A Varsavia?! Perchè a Varsavia?”
Perchè Varsavia nel 1937, tra le due guerre mondiali, era molto più caotica e pericolosa della Miami di Scarface o della Chicago di Al Capone.
Guardando o leggendo altre gangster-story ci siamo abituati al conflitto tra i gangster, i mafiosi, ed i poliziotti buoni; poi ci sono i poliziotti corrotti e finisce lì. Al massimo ci possono essere divergenze tra le varie mafie. In fondo ce lo hanno insegnato C’era una volta in America e Peaky Blinders: esiste la mafia italiana ma anche quella ebraica.
Invece Varsavia nel 1937 è un calderone esplosivo.
Ci sono i polacchi cattolici e i polacchi ebrei in lotta tra di loro. I primi non vogliono ebrei in Polonia e meditano di espellerli, magari in Madagascar. C’è la lotta tra le destre e le sinistre: da un lato fascisti, nazionalisti e falangisti, dall’altro socialisti, comunisti e socialdemocratici del Bund. Al contempo questi schieramenti lottano anche fra loro: si legge ne I Giusti di Jan Brokken pubblicato da Iperborea che in seguito gli ebrei comunisti stermineranno gli ebrei del Bund.
C’è la lotta di classe tra ricchi e poveri: la borghesia guarda ai militari nazionalisti, i secondi al comunismo diffidando però dell’Unione Sovietica.
C’è la tensione tra gli ebrei ortodossi (quelli con payot, i lunghi boccoli alle tempie, per capirsi) e gli ebrei “evoluti” – termine che viene usato qui – che vogliono sbarazzarsi di tutti i retaggi sociali culturali e religiosi dell’ebraismo. E magari sono sionisti e vogliono andare in Palestina a creare uno stato ebraico.
Varsavia nel 1937 è terreno di guerra civile, lotta di classe, scontro politico e religioso. Altro che Chicago!
Ma chi è il “re di Varsavia”?
Potrebbe essere Kum Kaplica: ebreo, di sinistra (da cui il soprannome Kum, che sta per kumpel, cioè “compagno”), ha lottato contro i russi zaristi, poi contro i tedeschi durante la guerra, e ora lotta contro fascisti e falangisti. Oltre ad essere un potente malavitoso
Oppure potrebbe essere Jakub Shapiro, il braccio destro di questo boss mafioso. Jakub è bello e affascinante, è brillante, piace a tutte le donne ebree e non ebree.
Oppure potrebbe essere Moises Bernstain?
Chissà, anche perchè di quest’ultimo nemmeno sappiamo come si chiama. Il romanzo infatti inizia con una voce narrante che afferma:
Il mio nome è Moises Bernstain, ho diciassette anni e non sono un uomo, non sono nessuno, io non sono qui, io non esisto, sono un figlio di nessuno magro e povero seduto a guardare l’assassinio di mio padre combattere sul ring, lui così forte e bello.
Il mio nome è Moises Inbar, ho sessantasette anni. Ho cambiato cognome. Sono seduto alla macchina da scrivere e sto scrivendo in questo momento. Non sono nessuno. Non ho neanche un vero cognome.
Il re di Varsavia di Szczepan Twardoch pubblicato da Sellerio è una storia violentissima di gangster dove c’è vodka a fiumi, champagne e cocaina, si mangiano salsicce unte ai bordi delle strade prima di andare a sgozzare qualcuno.
Non stupisce dunque che il romanzo inizi con un omicidio particolarmente efferato e nemmeno che – ma in fondo fa parte della mitologia legata alle gangster story – in breve il lettore provi simpatia e ammirazione per il protagonista, che guardiamo con un occhio benevolo.
Questo perchè l’altro protagonista è Jakub Shapiro: uccide, ricatta e compie violenze adesso che si sta ritirando dalla carriera pugilistica per essere completamente a capo dei tirapiedi di Kum Kaplica.
E nella Varsavia del 1937 c’è sempre una lotta da ingaggiare!
Per dire quali tensioni politiche, etniche e religiose scuotono Varsavia, ad un certo punto i mafiosi, che sono diciamo di sinistra, aggrediscono i cattolici falangisti, quindi di destra: la polizia resta immobile a guardare perché tanto per le forze dell’ordine sono tutti dei delinquenti, e quindi che si ammazzino fra di loro.
La prima voce la voce narrante che ascoltiamo è quella di Moises Bernstain: è nato nel 1920, nel 1937 ha diciassette anni e cinquant’anni dopo nel 1987 a Tel Aviv, in Israele, scrive alla macchina da scrivere i ricordi della sua vita polacca.
Una infanzia e giovinezza passate in una povertà estrema all’interno di una famiglia ebraica osservante: quando cambierà vita la prima cosa che farà sarà proprio quella di tagliarsi i payot, i lunghi boccoli alle tempie.
Fino a quando la sua vita non incrocia quella di Jakub Shapiro e scopre questo ambiente fatto di prostitute, bordelli, droga, alcool, violenza e ricatti. Cambia vita, gli si apre un mondo, e sembra avere la sua strada, quella del mafioso.
Ne Il re di Varsavia di Szczepan Twardoch non ci sono solo uomini!
C’è Emilia, la bella moglie di Jakub, che è un’ebrea “evoluta” e quindi vorrebbe andare in Palestina perchè, come spiega al marito, “la Polonia non è per noi ebrei”. E in questo condivide le opinioni di Morris, fratello di Jakub e sionista convinto, per il quale la salvezza è costituire uno stato ebraico nella terra dei padri.
C’è Ryfka, che ha fatto la prostituta fin da quando era adolescente ed ora è una maitresse che cerca di sopravvivere un mondo che trabocca di violenza nei confronti dei deboli, donne o uomini che siano.
C’è Anna, la bella ricca altoborghese polacca che ha una passione naturalmente per i cattivi ragazzi ebrei, in palese rigetto del proprio status sociale.
Noi osserviamo tutto questo in groviglio di tensione e violenza, con i golpisti che vogliono creare una nuova Polonia, da un punto di vista privilegiato.
Perchè sappiamo che se è il 1937 allora mancano ventitrè mesi al 1939, e alla fine di quel mondo.
Quando scoppierà la Seconda Guerra Mondiale non importerà essere polacco cattolico o polacco ebreo, se rispetti lo shabbat o vai a Messa la domenica: per tutti arriverà l’Apocalisse. Ci saranno i nazisti che uccidono gli ebrei, ci saranno i comunisti che uccidono gli ebrei, ci saranno i russi a uccidere i polacchi, ci saranno i tedeschi a uccidere i polacchi.
Noi guardiamo l’avvicendarsi queste vite violente sapendo che incombe qualcosa di terribile.
E un annuncio di cosa accadrà è forse la presenza di Litani.
Non dico chi o cosa è Litani, presenza inquietante che sorvola questa Varsavia bagnata dal sangue e dall’alcool, dove tutte le notti sono una festa e un mattatoio.
Il re di Varsavia di Szczepan Twardoch pubblicato da Sellerio è un gangster story incredibile perché non solo racconta una storia di banditi ma anche perché di un certo tipo di realtà, l’Europa degli Anni Trenta, dove la violenza nelle strade faceva parte della quotidianità, e non solo in Polonia.
Basti pensare agli scontri in Inghilterra si vedono in Peaky Blinders o alla sommossa contro il Fronte Popolare di Leon Blum.
Tre motivi per leggere Il re di Varsavia di Szczepan Twardoch pubblicato da Sellerio?
Perché è una grande gangster story con tutti i crismi: sangue, sesso, violenza, cocaina, bordelli, ricatti e ancora violenza.
Poi perché è uno spaccato fedele di una parte della storia che noi italiani non conosciamo. Non ci sono film o serie tv che narrino la turbolenta situazione nell’Europa orientale e degli ebrei tra le due guerre. Nelle note finali infatti viene giustamente sottolineato come questo sia un romanzo diverso perché noi siamo abituati a pensare e a leggere agli ebrei polacchi vittime dei nazisti o successivamente dei comunisti. Qui anzi, sono malavitosi sfrenati e goduriosi.
Terzo motivo perché, sotto un cielo in cui domina Litani, a pagina 385 c’è un colpo di un colpo scena così strepitoso che ribalta la narrazione che merita lo scopriate da solo!
Un pensiero su “Il re di Varsavia di Szczepan Twardoch”
Meravigliosa gangster story, romanzo bellissimo letto tutto d’un fiato. Una moderna opera da tre soldi, dove il Male cammina per mano alla povertà, e la storia delle vittime esiste solo come rimpianto, nel duro cuore dei protagonisti, per ciò che la vita poteva essere di buono e non è mai stato… Una Varsavia cupa, miserabile ed elegante, che attira e cattura fino all’ultima parola. Scopriamo cose che certo non sapevamo, della storia della Polonia e degli ebrei, ma come sempre non è per il realismo storico o per la suspence travolgente che il libro ci piace, ma perché parla di noi, della condizione umana che in fondo ha poca scelta, dei tributi che abbiamo pagato, di quello che abbiamo perduto, di quello che abbiamo lasciato andare…