I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni appena pubblicato da Sellerio ci racconta la vita di Archy, una faina.
Anzi, fa raccontare ad Archy la sua stessa vita in un quello che potremmo definire un memoir di una vita disgraziata e sofferente. Ma si sa, la faina non è uno degli animali più grandi, potenti e spaventosi della terra.
I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni è un romanzo strano.
C’è una faina che ci parla di quanto ha amato, vissuto, combattuto e sofferto, ma sull’impianto che per certi aspetti sembra un po’ un cartone della Disney.
Ci sono infatti le faine ma anche la volpe Solomon, il riccio Klaus, il cane Gioele e tutti hanno case, letti, piatti si lanciano o zappano l’orto.
Eppure su questa base un po’ da cartone Disney si appoggia una trama degna di Dickens o di Dostoevskij, degna dei grandi romanzi ottocenteschi.
Archy è una faina orfana, suo padre viene ucciso mentre andava a rubare in un campo: per sfamare i figli la madre lo vende a Solomon l’usuraio che ne farà il proprio servo. Con Solomon vive Gioele, un cane che gli fa da scagnozzo e tirapiedi.
Se noi smettiamo per un momento di pensare che sono animali secondo me potrebbe essere benissimo una storia ambientata nella Russia zarista, con l’orfanello venduto al cattivo usuraio – volendo è anche un po’ Oliver Twist – e che col passare degli anni scopre l’amore e il potere del denaro.
Però è una storia di animali.
Il primo riferimento potrebbe essere a La fattoria degli animali ma mentre in quella i maiali sono almeno all’inizio proprio solo degli animali, e solo piano piano diventano uomini, qui fin da subito i protagonisti sono antropomorfi: in uno dei primi litigi Solomon lancia un piatto in faccia da Archy.
I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni ci racconta, seppure in una maniera un po’ fuori dalle righe usuali, una storia che parla noi sotto molteplici punti di vista.
Intanto perché Archy ha una vita simile, se vogliamo, a quella degli uomini: è vessato, ha l’amore, perde l’amore, si fa una famiglia, lotta per i suoi figli, cerca di farsi una posizione lavorando per e con l’usuraio Solomon che lo maltratta.
Solomon, volpe apparentemente senza cuore e di mali modi, lo cresce, lo forma lo cresce ed ha con lui, per quanto disfunzionale – usiamo un aggettivo che va molto di moda – un rapporto di un padre con il figlio.
Solomon insegna ad Archy le due cose che lo elevano dal suo essere un normale animale: l’esistenza di Dio e la scrittura.
Solomon fa scoprire ad Archy l’esistenza di Dio, “il padre degli uomini” e quindi di qualcosa di trascendentale. Quando Archy capisce che tutto è stato creato da un’entità inizia anche a porsi quelle riflessioni che sono alla base della filosofia. Se Dio ci ha creato, perché ha creato anche il male e il dolore? Che Dio non sia buono come vogliono le Scritture ma che invece sia cattivo e meschino?
Solomon leggendogli la Bibbia gli insegna anche il valore della parola spetta il valore del testo scritto: scrivendo le nostre gesta noi in qualche maniera possiamo eternarci.
Queste due consapevolezze, quelle dell’esistenza di un’Entità creatrice e quelle della potenza della scrittura, rendono Archy in un certo senso ancora più infelice perché lo spingono a farsi ancora più domande.
Così ne I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni appena pubblicato da Sellerio ci troviamo davanti ad un protagonista che si pone delle domande speculative ed al contempo è fortemente legato al ciclo agricolo della natura.
Quando Archy non accompagna Gioele nel riscuotere i crediti dai conigli, dai maiali e dagli altri animali, è impegnato nel fare le scorte per l’inverno, nel seguire l’orto ed il pollaio ed in seguito nel controllare la collina dove vive e proteggerla da animali sbandati e predatori.
E nella vita di Archy ci saranno anche due storie d’amore, tristi perché la Natura matrigna non fa sconti a nessuno, anzi. Segue cieca il proprio corso e non si interessa se qualcuno si pone delle domande trascendentali.
Lo scontro tra i propri sentimenti e la dimensione naturale renderà Archy ancora più pensieroso e ancora più diverso dagli animali che lo circondano: il suo desiderio di verità non non gli gioverà.
I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni appena pubblicato da Sellerio è il primo romanzo di questo giovanissimo autore, che tra l’altro vive qui vicino, a Sarzana e che al suo esordio ha scritto un romanzo che pur in una cornice inusuale ci fa riflettere su come può essere la vita dell’essere vivente.
Bisognerebbe dire “la vita dell’uomo” ma Archy è pur sempre un mustelide.
Seguendo Archy e le sue peripezie ci troviamo davanti ai nodi dell’esistenza: l’infanzia, l’abbandono, la morte, la solitudine, il desiderio di farsi una famiglia fino ai rimpianti e rimorsi finali.
Il penultimo capitolo si intitola infatti “il resto della mia vita”.
Quali sono gli “stupidi intenti” del titolo?
Non ve lo rivelo, ma vi posso dire che sono sia di Archy che di Solomon, complessa figura di padre e padrone, di animale prima dominante e che poi invecchiando sente sfuggirsi la vita.
Leggetelo, perchè uscirete dalla vostra comfort-zone delle letture e vi porrà, tramite la bocca di un mustelide, domande che bene o male tutti noi ci siamo fatti.