Dove gli ebrei non ci sono di Masha Gessen pubblicato da Giuntina è “la storia triste e assurda del Birobidžan, la regione autonoma ebraica nella Russia di Stalin”.
Questa storia, incredibilmente vera, comincia quando negli Anni Venti l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche decise di creare al suo interno una zona dove potessero vivere tutti assieme gli ebrei sovietici che allora parlavano l’yiddish.
Naturalmente è una storia che non andrà a finire bene.
Masha Gessen è nata nel 1967, è stata una cittadina sovietica, la sua famiglia è emigrata negli Stati Uniti, lei è tornata poi a vivere in Russia per poi andarsene di nuovo nel 2013.
Definisce così la vicenda del Birobidžan
fu, forse, la peggiore buona idea mai concepita. Era nata, come spesso idee simili, da un presupposto razionale. Era, come spesso idee simili, apparentemente semplice. […] Avrebbe attraversato tutte le fasi della costruzione mancata di uno Stato: dalla speranza alle avversità, al dolore e al timore, alla perdita e alla vacuità, fino a sembrare, alla fine, ridicolo.
L’idea alla base di questa creazione era la seguente: poichè gli ebrei erano stati perseguitati durante lo zarismo, adesso sarebbero stati per così dire “risarciti” creando una terra tutta per loro.
C’erano già, ed erano tanti, i sionisti che volevano trasferirsi nella Palestina mandataria e creare lì uno stato ebraico, ma ce ne erano moltissimi che invece volevano rimanere dove avevano sempre vissuto, ma in condizioni migliori. Con il Birobidžan sarebbero stati accontentati.
Il primo problema fu che, semplicemente, il Birobidžan era un luogo invivibile.
Agronomi sovietici mandati a prendere informazioni sulla zona, posta oltre la Siberia e al confine con la Mongolia e la Cina, notarono che c’erano:
montagne che erano, se non particolarmente alte, eccessivamente ripide e caratterizzate da formazioni rocciose […] ad angoli così vivi da non poter essere attraversate neppure a cavallo. La valle era in gran parte una palude. Poi c’era il clima. Gli inverni, che iniziavano in ottobre e duravano fino ad aprile, erano rigidi; le estati portavano acquazzoni torrenziali intervallati da giorni di caldo torrido.
Ma questo non era niente, dal momento che nella relazione degli agronomi sovietici si sottolineava con insistenza
l’importanza degli insetti ematofagi: l’enorme quantità di tafani, di zanzare e moscerini che, nel corso dei due mesi estivi, causano estrema sofferenza al bestiame e agli uomini.
Ovviamente l’URSS con la sua visione totalitaria della economia pianificata ignorò l’avvertenza ci mandò ebrei ucraini o baltici che erano in gran parte artigiani e quindi non contadini. Ma L’URSS aveva deciso di dar loro la terra da coltivare.
il primo carico di pionieri arrivò, via ferrovia, nell’aprile del 1928; entro poche settimane 504 famiglie e 150 pionieri singoli erano arrivati [dove] Non c’era nient’altro: non un ufficio postale, non un servizio telefonico. non strade asfaltate e nemmeno marciapiedi.
Masha Gessen è stata recentemente in Birobidžan, che esiste tuttora come regione autonoma all’interno della Repubblica Russa, per cercare documenti sulla storia di questa strana utopia.
Non riporta i dati di quanti sono morti nei primi anni ma non devono essere state pochi; oltretutto subito arrivati i coloni un’alluvione distrugge che i loro campi.
Dove gli ebrei non ci sono di Masha Gessen pubblicato da Giuntina è una storia “triste e assurda” anche perché si lega a due figure – che io non conoscevo e che penso difficilmente siano note in Italia – legata alla cultura yiddish: David Bergelson e Simon Dubnow.
La cultura ebraica che si era sviluppata nell’impero zarista e a cavallo delle odierne Russia, Polonia, Bielorussia e Ucraina aveva per base la lingua yiddish, un misto tra tedesco russo ed ebraico.
Il mondo culturale yiddish era estremamente vivace. David Bergelson e Simon Dubnow erano ambedue contrari al sionismo e quindi al ritorno degli ebrei in Palestina ma anche alla emigrazione negli Stati Uniti. Nel primo caso era “sedersi su un vulcano”, nel secondo c’era il concreto pericolo di una assimilazione totale che avrebbe fatto sparire costumi, tradizioni e lingua.
Avevano ragione: negli Anni Venti c’erano decine di giornali e pubblicazioni yiddish a New York, oggi quasi nessuno. Nell’Europa Orientale è invece sparito per le persecuzioni naziste e comuniste.
David Bergelson soprattutto scrissero in favore dell’immigrazione in Birobidžan, invitando gli ebrei a trasferirsi in quella terra terribile, che lui pure visitò. Masha Gessen si chiede giustamente cosa ci vide.
Molto probabilmente era il desiderio disperato di un uomo -ma anche di una comunità- di avere una propria terra, non troppo dissimile da quella dove era cresciuto. E quindi non la Palestina dei sionisti.
Dove gli ebrei non ci sono di Masha Gessen pubblicato da Giuntina è una storia “triste” anche perchè come noi sappiamo l’URSS non era lo stato dove avere dei sogni di felicità e di libertà, anche intellettuale.
Prima della Seconda Guerra Mondiale ci sono le Purghe staliniane e per gli ebrei salvarsi dalla dittatura comunista è sempre più difficile.
Se sono ebrei praticanti allora in uno stato ateo sono perseguitati. Se invece sono ebrei che si sentono tali come membri di una comunità nazionale, per così dire, allora il reato è il nazionalismo e sono perseguitati.
Leggendo questo libro si scopre anche che l’URSS di Stalin negava i massacri antisemiti dei nazisti. Per loro la dittatura comunista il fronte della guerra era stato tra fascisti ed antifascisti e quindi sostenere che qualche gruppo era stato sterminato per una motivazione diversa era motivo di persecuzione, che si attuava nella prigionia, nella autocritica ed infine nei lavori forzati.
Il Birobidžan esiste ancora adesso ma ad oggi è una terra senza ebrei, perché appena hanno potuto sono fuggiti dall’Unione Sovietica per andare – nella Storia hanno vinto i sionisti – in Israele.
Masha Gessen racconta di quando la sua famiglia nel 1981 emigrò: l’antisemitismo in URSS era tale che i suoi genitori non volevano crescesse lì. Quando presero la decisione si chiedevano se fosse meglio andare negli USA, in Canada o in Israele ma nessuno pensava più al Birobidžan, dove oltretutto la cultura ebraica ed yiddish che avrebbe dovuto esserne alla base era stata messa al bando perché espressione di nazionalismo borghese.
Tre motivi per leggere Dove gli ebrei non ci sono di Masha Gessen pubblicato da Giuntina?
Il primo perché è una storia così assurda che merita di essere scoperta. Io ho pensato all’incredibile vicenda narrata ne I giusti di Jan Brokken, con gli ebrei dei paesi baltici che per essere salvati devono fare il giro del mondo e arrivare alle Antille Olandesi, ma si fermano in un ghetto nella Cina occupata dai giapponesi.
Il secondo motivo perché è una finestra aperta sugli orrori del Ventesimo Secolo meno note, e di solito le purghe staliniane si conoscono poco.
Il terzo motivo perché è un sempre una finestra aperta, ma questa volta sul mondo culturale yiddish, quello degli ebrei dell’Europa Orientale, che è sparito.